venerdì 23 agosto 2013

THE CONJURING - L'EVOCAZIONE

L' horror è un genere a sè e a non tutti garba. Personalmente nutro un rapporto ambivalente di fronte a pellicole che a volte mi annoiano profondamente ed altre, rare a dire il vero, mi fanno drizzare i peli dalla paura. Come è giusto negli ultimi anni ci sono stati sia ritorni alle origini sia sperimentalismi arditi ma qui non approfondisco il tema sia per mancanza di preparazione a riguardo sia per evitare l'effetto polpettone. Affrontando di petto il tema delle "presenze" demoniache nella storia del cinema non posso fare altro che adorare ancora a trent'anni di distanza quel capolavoro di tensione ed ansia che Friedkin riuscì a regalare con "L'esorcista"; ad ogni nuova visione mi stupisco, con l'atmosfera adatta, di quanto rimango impaurito nonostante sappia già cosa accada nella scena seguente. Mi chiedo il perchè ed arrivo sempre alla stessa conclusione che esulando dal genere è il cuore stesso della settima arte, dove l'horror forse ne è l'espressione più genuina; la storia sì è importante ma il cinema vive di immagini e queste prolificano e si sedimentano nella nostra mente attraverso un lavoro di attesa, montaggio e tempismo. L'arte del regista cambia inesorabilmente una storia esaltandola o sminuendola a seconda di innumerevoli fattori. Rimane il fatto che quando storia e sguardo coincidono si creano le condizioni adatte a prodotti di valore. Altro sublime esempio è "Shining" di Kubrick, ma sappiamo tutti che con il Maestro dei maestri il mattino aveva l'oro in bocca.
Tra prodotti derivativi e tradizionali, tra gore splatter dimenticabili e torture porn opinabili ecco che arriva Wan. Firma in avvio di carriera quella che diventerà una saga infinita e fastidiosa come "Saw", ma che nel capostipite trova una forza visiva e un meccanismo violento ed ossessivo che ipnotizza e sconvolge. Vira poi al cinema d'orrore più tradizionale ovvero quello delle presenze piuttosto che quello carnale con un'opera interessante e stimolante come "Insidious", dove non ci sono grandi novità sul piano narrativo ma efficace e personale è l'uso del mezzo e il meccanismo emozionale è ben oliato. Fino ad arrivare a "The Conjuring", caso al botteghino in madrepatria e conferma del talento dell'abile regista nel creare suspence attraverso canovacci non originali ma mai banali. Difficile rimanere inerti di fronte a situazioni di possessione sataniche che sfruttano al meglio la paura atavica dell'essere umano per un aldilà infestato da presenze ed energie negative, contrarie. Una pellicola da godere in sala ma forse ancor più da affrontare in una fredda notte d'inverno in solitaria, ricordandosi di essere consapevoli di ogni minimo dettaglio nell'ombra degli specchi piuttosto che nel sibilo dell'aria nelle porte socchiuse. Di fronte a blockbuster sempre più fracassoni e ad horror sempre più sanguinolenti, Wan risponde con la paura più classica ed abusata, ma con risultati non di poco conto. Ho avuto paura e non me ne vergogno e stanotte ho avuto gli incubi. Raggiunto l'obbiettivo? Direi di sì,al di là di un' estetica ben precisa e di una storia coinvolgente. Il ragazzo ha stoffa e si spera non si perda come i suoi protagonisti di fronte all'orrore che gli attanaglia; una speranza, un filo sottile per ritornare alla vita esiste sempre. Contro ogni male, contro ogni possessione. "L'esorcista" continua a vivere in mezzo a noi...



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